“Fine pena mai”. E’ questa la logica che sta dietro alle parole di Giulia Bongiorno, femminista di “destra” (quelle di “sinistra” non sono meno forcaiole, anzi…), naturalmente fondata sul postulato che la storia dell’umanità null’altro sia se non la storia dell’oppressione e della discriminazione del genere femminile da parte di quello maschile.
Lei non può dirlo, ovviamente, ma il significato del suo messaggio è quello. Una colpa inestinguibile, quella appunto dell’oppressione maschile tout court di tutti gli uomini su tutte le donne (secondo l’interpretazione femminista della storia, sposata trasversalmente e universalmente da tutte le correnti politiche e culturali ed elevata a Verità Assoluta e Incontestabile), che genera a sua volta un debito e un credito inestinguibili.
Che le colpe (vere o presunte…) dei padri ricadano dunque sui figli. Che si facciano pure leggi “spudoratamente” sbilanciate in favore delle donne” (e quindi discriminatorie nei confronti degli uomini, sempre se la logica non è acqua fresca…) – come dichiara la stessa Bongiorno. E che si fotta pure il principio di irretroattività delle leggi.
Se lo dice un’ esperta di diritto come la Bongiorno possiamo stare tranquilli.
Qualcuno (anche autorevoli pensatori) ha sostenuto che il fascismo sia ormai morto da tempo. Io non lo penso affatto (lo penso per il ventennio mussoliniano) e credo anzi che esso si riprensenti di volta in volta nella storia in forme a volte tradizionali (come ad esempio sta avvenendo in questi anni recenti in Ucraina e in altri paesi europei dove sono cresciuti movimenti xenofobi e/o razzisti) e altre volte (sempre più spesso) in forme differenti e molto più sofisticate perchè abilmente camuffate. Pasolini ad esempio definiva il consumismo e la mercificazione capitalista come una nuova forma di fascismo, a sua detta ancora più pericolosa perchè molto più potente nella sua capacità di penetrare in profondità nella sfera psichica delle persone e di condizionarla.
Il femminismo sessista e interclassista camuffato da ideologia di liberazione è senz’altro una di quelle. E anche una fra le più sofisticate e subdole.